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Come avviare una macelleria

Deve essere presentata la “Dichiarazione di Inizio di Attività Produttiva” al Comune ove è ubicata la struttura e più precisamente allo Sportello Unico per le attività produttive (SUAP) o ad altra struttura individuata allo scopo dal Comune. L’ufficio comunale preposto provvederà a fornire agli interessati la modulistica necessaria. L’ufficio comunale preposto, ricevuta la Dichiarazione di Inizio di Attività Produttiva, inoltrerà la pratica alla ASL competente per territorio. Tale procedura assolve anche all’obbligo di notifica previsto dal regolamento CE 852/2004. L’ASL, ai sensi delle norme comunitarie sopra specificate, provvederà a registrare l’attività ed a comunicare all’interessato l’avvenuta registrazione. Pertanto per iniziare l’attività di vendita prodotti alimentari non è più necessario attendere la verifica preliminare dei requisiti da parte dell’ASL, ma gli stessi dovranno essere autocertificati dal titolare dell’attività e la loro mancanza comporterà da parte della ASL l’assunzione di provvedimenti di legge ivi compresa la sospensione dell’attività. I requisiti strutturali e organizzativi necessari per lo svolgimento dell’attività fanno riferimento in particolare a:

Deve essere presentata la “Dichiarazione di Inizio di Attività Produttiva” al Comune ove è ubicata la struttura e più precisamente allo Sportello Unico per le attività produttive (SUAP) o ad altra struttura individuata allo scopo dal Comune. L’ufficio comunale preposto provvederà a fornire agli interessati la modulistica necessaria. L’ufficio comunale preposto, ricevuta la Dichiarazione di Inizio di Attività Produttiva, inoltrerà la pratica alla ASL competente per territorio. Tale procedura assolve anche all’obbligo di notifica previsto dal regolamento CE 852/2004. L’ASL, ai sensi delle norme comunitarie sopra specificate, provvederà a registrare l’attività ed a comunicare all’interessato l’avvenuta registrazione. Pertanto per iniziare l’attività di vendita prodotti alimentari non è più necessario attendere la verifica preliminare dei requisiti da parte dell’ASL, ma gli stessi dovranno essere autocertificati dal titolare dell’attività e la loro mancanza comporterà da parte della ASL l’assunzione di provvedimenti di legge ivi compresa la sospensione dell’attività. I requisiti strutturali e organizzativi necessari per lo svolgimento dell’attività fanno riferimento in particolare a:

  • Legge n. 283/62
  • Titolo III e IV del Regolamento Locale di Igiene
  • Regolamento CE N. 852/04.

Come aprire un ristorante

Un introduzione è obbligatoria. La normativa è in continuo movimento; ci sono Regioni che adottano un sistema di liberalizzazione delle autorizzazioni a seguito del “decreto Bersani”, abolendo, così, i contingenti numerici. In pratica chiunque vuole aprire un ristorante può farlo, senza autorizzazioni. Altre regioni, al contrario, adottano il vecchio sistema dei limiti dei contingenti numerici. Ma la situazione sta per cambiare grazie ad una recentissima sentenza del Consiglio di Stato. Verificata la possibilità di conseguire l’autorizzazione cosa bisogna fare? La domanda per l’apertura di un esercizio dev’ essere presentata allo Sportello unico per le attività produttive (Suap) del Comune in cui si intende avviare l’esercizio. Cosa fare, invece, per l’autorizzazione sanitaria? Alla domanda di autorizzazione comunale, da presentare al Suap, dovrà essere inclusa la richiesta all’Asl dell’idoneità sanitaria del locale, fornita di relazione tecnica dell’attività, planimetria, ecc.. Con il D.lgs. 6 novembre 2007, n. 193 è stata introdotta una rilevante novità, che ha soppresso l’art. 2 della legge 283/1962, che presumeva l’obbligo dell’autorizzazione sanitaria per le attività ristorative. In sostituzione dell’autorizzazione sanitaria è concesso al titolare del locale di notificare al Comune, a mezzo di una Dia

Un introduzione è obbligatoria. La normativa è in continuo movimento; ci sono Regioni che adottano un sistema di liberalizzazione delle autorizzazioni a seguito del “decreto Bersani”, abolendo, così, i contingenti numerici. In pratica chiunque vuole aprire un ristorante può farlo, senza autorizzazioni. Altre regioni, al contrario, adottano il vecchio sistema dei limiti dei contingenti numerici. Ma la situazione sta per cambiare grazie ad una recentissima sentenza del Consiglio di Stato. Verificata la possibilità di conseguire l’autorizzazione cosa bisogna fare? La domanda per l’apertura di un esercizio dev’ essere presentata allo Sportello unico per le attività produttive (Suap) del Comune in cui si intende avviare l’esercizio. Cosa fare, invece, per l’autorizzazione sanitaria? Alla domanda di autorizzazione comunale, da presentare al Suap, dovrà essere inclusa la richiesta all’Asl dell’idoneità sanitaria del locale, fornita di relazione tecnica dell’attività, planimetria, ecc.. Con il D.lgs. 6 novembre 2007, n. 193 è stata introdotta una rilevante novità, che ha soppresso l’art. 2 della legge 283/1962, che presumeva l’obbligo dell’autorizzazione sanitaria per le attività ristorative. In sostituzione dell’autorizzazione sanitaria è concesso al titolare del locale di notificare al Comune, a mezzo di una Dia (dichiarazione d’inizio attività) differita, la registrazione del possesso dell’impresa dei requisiti minimi in materia d’igiene. Successivamente alla presentazione della Dia al Comune, l’Asl competente deve eseguire un sopralluogo di verifica, dal quale può emergere: la conformità delle attività ai requisiti, la non conformità lieve ai requisiti la non conformità lieve ai requisiti (l’impresa può essere avviata ma gli impedimenti dovranno essere risolti entro i termini stabiliti dall’Asl); la non conformità rilevante (l’attività non potrà cominciare).

Norme igienico sanitarie per bar

Nella definizione dei requisiti minimi non sono stati esplicitamente elencati tutti gli adempimenti previsti da leggi e regolamenti igienico-edilizi, di igiene e sicurezza del lavoro, di prevenzione incendi, di sicurezza degli impianti, da intendersi preventivamente acquisiti. In linea generale la disposizione dei locali e delle attrezzature deve consentire di organizzare il lavoro secondo il principio della marcia in avanti a partire dalla zona (o punto) di ricezione merci fino al punto di somministrazione, evitando il più possibile incroci tra percorsi e operazioni sporche e pulite. I criteri applicativi di seguito definiti rappresentano unicamente requisiti minimi necessari per l’esercizio delle attività. In particolare: la superficie dei locali deve essere adeguata al tipo di attività ed alla potenzialità produttiva;

  • i pavimenti di tutti i locali, ad esclusione della sala di somministrazione devono essere realizzati in materiale liscio, facilmente lavabile e disinfettabile, non assorbente e non tossico;

Nella definizione dei requisiti minimi non sono stati esplicitamente elencati tutti gli adempimenti previsti da leggi e regolamenti igienico-edilizi, di igiene e sicurezza del lavoro, di prevenzione incendi, di sicurezza degli impianti, da intendersi preventivamente acquisiti. In linea generale la disposizione dei locali e delle attrezzature deve consentire di organizzare il lavoro secondo il principio della marcia in avanti a partire dalla zona (o punto) di ricezione merci fino al punto di somministrazione, evitando il più possibile incroci tra percorsi e operazioni sporche e pulite. I criteri applicativi di seguito definiti rappresentano unicamente requisiti minimi necessari per l’esercizio delle attività. In particolare: la superficie dei locali deve essere adeguata al tipo di attività ed alla potenzialità produttiva;

  • i pavimenti di tutti i locali, ad esclusione della sala di somministrazione devono essere realizzati in materiale liscio, facilmente lavabile e disinfettabile, non assorbente e non tossico;
  • le pareti di tutti i locali, ad esclusione della sala di somministrazione devono essere rivestite di materiale lavabile e disinfettabile fino ad almeno 2 metri;
  • i soffitti devono essere facili da pulire, costruiti in modo da evitare l’accumulo di sporcizia e ridurre la condensa, la formazione di muffa e la caduta di particelle;
  • Ø le porte devono avere superfici lisce facilmente pulibili e disinfettabili;
  • Ø i piani di lavoro e le scaffalature di deposito devono essere in materiale lavabile e disinfettabile, opportunamente separati per le varie lavorazioni.

Ampliare un bar con un attività di cucina

Si può cucinare in un bar? Quali tipi di piatti? Con quali accorgimenti? La normativa in materia, in grado di fornire una responso a queste domande, negli recenti anni ha subito considerevoli cambiamenti. Da una parte la scomparsa della distinzione tra licenza di tipo “A”, riservata alla ristorazione, e a quella di tipo “B”, per la somministrazione di bevande. Dall’altra l’entrata in vigore in tutto il territorio dell’Unione Europea del regolamento CE n.852/04 .La conseguenza di queste norme è stata la cancellazione della passata autorizzazione igienico-sanitaria e l’introduzione della registrazione sanitaria. Va inoltre ricordato il passaggio di competenze legislative in materia di commercio e servizi dallo Stato alle Regioni, che ha riportato il quadro normativo ancora più diversificato. In linea di massima, un bar, alla pari di qualsiasi altra impresa alimentare, deve procurarsi una propria registrazione sanitaria dall’Azienda sanitaria locale, che sarà autorizzata ad agire per controlli decidendo l’applicazione di sanzioni in caso di violazione delle norme sanitarie. Le normative per ottenere questa registrazione mutano, però, da regione a regione. In Sardegna, per esempio

Si può cucinare in un bar? Quali tipi di piatti? Con quali accorgimenti? La normativa in materia, in grado di fornire una responso a queste domande, negli recenti anni ha subito considerevoli cambiamenti. Da una parte la scomparsa della distinzione tra licenza di tipo “A”, riservata alla ristorazione, e a quella di tipo “B”, per la somministrazione di bevande. Dall’altra l’entrata in vigore in tutto il territorio dell’Unione Europea del regolamento CE n.852/04 .La conseguenza di queste norme è stata la cancellazione della passata autorizzazione igienico-sanitaria e l’introduzione della registrazione sanitaria. Va inoltre ricordato il passaggio di competenze legislative in materia di commercio e servizi dallo Stato alle Regioni, che ha riportato il quadro normativo ancora più diversificato. In linea di massima, un bar, alla pari di qualsiasi altra impresa alimentare, deve procurarsi una propria registrazione sanitaria dall’Azienda sanitaria locale, che sarà autorizzata ad agire per controlli decidendo l’applicazione di sanzioni in caso di violazione delle norme sanitarie. Le normative per ottenere questa registrazione mutano, però, da regione a regione. In Sardegna, per esempio, il numero di registrazione sanitaria si consegue automaticamente presentando una Diap (dichiarazione di inizio di attività produttiva) allo Sportello per le Attività produttive del Comune. Nella Diap, l’esercente che si prepara a somministrare anche alimenti deve dichiarare, sotto la propria responsabilità, il tipo di attività che intende svolgere (perciò anche quali tipologie di alimenti intende somministrare). Nella comunicazione si sottintende che l’esercente che inizia l’attività di cucina sia in possesso dell’attrezzatura e delle strutture idonee per lo svolgimento di tale attività. Il Comune avverte quindi queste informazioni all’Asl e l’azienda sanitaria provvede a registrare l’esercizio fornendo al titolare un proprio codice. Non esiste più, quindi, la verifica preliminare: soltanto in seguito i tecnici dell’Asl effettueranno il proprio controllo, controllando quando affermato dall’esercente. Questa la procedura, che in altre regioni, sulla base delle norme regionali, può presentare alcune differenze.